Stalking: i diritti di informazione della persona offesa

Lo stalking è un delitto commesso con violenza alle persone e in quanto tale la persona offesa ha diritto ad essere informata della richiesta di archiviazione delle indagini preliminari formulata dal Pubblico Ministero, indipendentemente da un’esplicita richiesta in proposito.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 10959 udienza del 29.01.2016 – deposito del 16.03.2016) hanno stabilito che il reato di atti persecutori (stalking art. 612 bis codice penale) rientra tra i delitti commessi con violenza alle persone e, di conseguenza, la persona offesa debba essere avvisata della richiesta di archiviazione delle indagini preliminari formulata dal Pubblico Ministero, indipendentemente dall’espressa richiesta di informazione.

Secondo la regola generale dettata dal codice di procedura penale il Pubblico Ministero che ritiene infondata la notizia di reato formula al Giudice per le indagini preliminari formula la richiesta di archiviazione. Tale istanza viene comunicata alla persona offesa solo qualora la medesima ne abbia fatto esplicita richiesta, affinchè la stessa possa presentare opposizione entro il termine di dieci giorni.

Il decreto legge 93/2013 come modificato dalla legge 119/2013 ha introdotto il comma 3-bis dell’art. 408 c.p.p. il quale prevede che per delitti commessi con violenza alla persona, l’avviso della richiesta di archiviazione vada notificato indipendentemente da un’esplicita richiesta della persona offesa la quale, qualora intenda formulare opposizione all’istanza medesima, godrà di un termine di venti giorni anziché di dieci come previsto dalla regola generale.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è interrogata sull’applicabilità di tale norma anche al reato di stalking (art. 612 bis c.p.) poiché il Legislatore, contrariamente a quanto previsto in altre specifiche disposizioni, non vi ha fatto esplicito riferimento nell’art. 408 co. 3 bis c.p.p.

La Suprema Corte ha dovuto stabilire se la violenza cui fa riferimento la norma citata sia solo la violenza fisica oppure tale nozione debba ricomprendere anche la violenza psicologica e morale, essendo quest’ultima la caratteristica propria del reato di stalking, che si consuma a prescindere dall’utilizzo della violenza fisica.

Per risolvere questo nodo interpretativo non si può tralasciare la ragione che ha determinato il Legislatore italiano ad introdurre l’art. 408 comma 3-bis c.p.p., unitamente ad altre modifiche legislative. Tali riforme, infatti, sono la conseguenza dell’adozione di alcuni testi normativi da parte dell’Unione Europea quali la Direttiva 2012/29 UE in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, le Convenzioni del Consiglio d’Europa, quella di Lanzarote sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali e quella di Istanbul relativa alla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica.

Questo sistema normativo sovranazionale fornisce un concetto di violenza ampio che si esplica nella violenza fisica, sessuale, psicologica, economica e tale nozione rappresenta, inevitabilmente, il criterio interpretativo dell’espressione “violenza alla persona” utilizzata dall’art. 408 co. 3 bis c.p.p.

Con riferimento specifico a tale norma, quindi, l’inciso “violenza alla persona” va letto in un’accezione ampia comprensiva sia della violenza fisica sia di quella psicologica ed emotiva. In tal modo nella categoria di delitti indicata va ricondotto anche lo stalking che si realizza tramite atteggiamenti assillanti e molesti che non necessariamente scadono in comportamenti connotati da aggressione fisica.

In virtù di questa argomentazione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza su menzionata hanno affermato che la persona offesa del reato di  stalking vada informata della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero indipendentemente da una esplicita istanza in tale senso.