Il Tribunale di Rieti ha accolto il ricorso d’urgenza promosso da una madre per ottenere la rimozione dai profili social delle foto dei figli minori pubblicate dalla nuova compagna dell’ex marito.

La vicenda.

Una moglie, separata consensualmente dal marito, si vedeva costretta a diffidare formalmente la nuova compagna dell’ex coniuge per ottenere la rimozione delle foto dei figli minorenni che quest’ultima era solita pubblicare sui suoi profili social (Facebook in primis) senza il suo consenso.

Essendo tuttavia ripresa dopo poco la pubblicazione delle foto – seppur con viso coperto – dei figli minori, in sede di divorzio congiunto la moglie pretendeva e otteneva dal marito l’inserimento della seguente condizione: “la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi”.

Ciò nonostante, anche dopo il divorzio, la pubblicazione non consentita continuava, spesso anche senza oscuramento del volto, ragione per cui la madre decideva di proporre ricorso d’urgenza dinnanzi al Tribunale di Rieti (proc. RG n. 2008/2018).

In data 7.3.2019 il Tribunale ha accolto la richiesta, intimando alla nuova compagna del padre di procedere alla rimozione di tutte le foto ritraenti i figli minorenni della ricorrente.

Quali sono le norme a tutela della vita privata e dell’immagine dei minori?

Le norme poste a tutela della vita privata e dell’immagine dei minori sono le seguenti:

– Art. 10 del Codice Civile,

– Artt. 4,7,8 e 145 del d. lgs. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy),

– Artt. 1 e 16, co. 1 della Convenzione di New York del 20.11.1989, ratificata dall’Italia con legge 176/1991.

L’art. 10 del Codice Civile (“Abuso dell’immagine altrui”) tutela l’immagine di tutte le persone fisiche, sia minorenni che non, disponendo che “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”.

Con specifico riguardo ai minori, l’art. 16 della citata Convenzione di New York stabilisce inoltre che: “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”.

È un dato di fatto che le tutele apprestate dall’ordinamento in favore dei minori e della loro riservatezza debbano oggi necessariamente essere messe in relazione con la diffusione delle nuove tecnologie digitali: il web consente la diffusione di dati personali e di immagini con grande rapidità, rendendo difficoltoso ed inefficace qualsiasi rimedio, dal momento che nell’istante in cui un contenuto viene condiviso sul web se ne è già perso definitivamente il controllo: la cancellazione del contenuto da parte del pubblicante, infatti, è molto spesso vanificata dalla propagazione istantanea del dato (attraverso link, condivisioni, tag, ecc.).

Secondo la giurisprudenza consolidata la pubblicazione su internet di fotografie di un minore determina automaticamente un danno, consistente appunto nella diffusione della sua immagine: l’inserimento di foto che lo ritraggono sui social network costituisce infatti un comportamento potenzialmente pregiudizievole, determinando la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, “le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia […] il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network” (cfr. Tribunale di Mantova, sent. 19 settembre 2017; in senso conforme, Tribunale di Roma, sent. 23 dicembre 2017).

Cosa prevede il GDPR a tutela della riservatezza dei minori?

L’esigenza di adottare tutele specifiche ed adeguate nei confronti dei minori trova conferma anche nel Considerando n. 38 del Regolamento UE n. 679/2016 (GDPR), secondo cui “i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali […]”.

In tal senso l’art. 8 del GDPR – rubricato “Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione” – prevede che “qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) [cioè quando è richiesto il consenso come base giuridica del trattamento], per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni.

Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.

Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”.

Riprendendo la distinzione fra i c.d. petits enfants e grands enfants – già esistente nel diritto francese -, la nuova disciplina comunitaria prevede che, nell’ambito dei servizi forniti sul web, il consenso necessario ai fini del trattamento dei dati personali del minore, incluse le immagini che lo rendano identificabile, nel caso di minori di 16 anni debba essere prestato dai soggetti che esercitano su di essi la responsabilità genitoriale (es: genitori o tutori), concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore (v. art. 97 L. n. 633/41).

Il Legislatore italiano, sfruttando la possibilità concessa dall’art. 8 c. 3 del GDPR, ha abbassato tale soglia a 14 anni: in Italia, pertanto, con riguardo alla fornitura dei servizi della società dell’informazione (es. creazione di un profilo sui social network) il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore ai 14 anni è lecito solamente se autorizzato da chi esercita la potestà genitoriale (v. d. lgs. 101/18, art. 2-quinquies).

 

 

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