Corte di Cassazione, V Sez. penale, sent. n. 42519 dell’8.6.12.
Gli amministratori non operativi del cda non hanno l’obbligo di “vigilare sulla società“, ma solo il dovere di “valutare l’andamento della gestione in base alle informazioni ricevute“. Pertanto i membri dell’organo di governo senza delega non sono imputabili per bancarotta se non hanno percepito chiari “segnali di allarme” da parte di coloro che avrebbero dovuto informarli, ossia il presidente del CdA e l’Amministratore delegato.
Sulla base di tale assunto la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva assolto alcuni ex-amministratori di un istituto di credito, confermando la condanna soltanto per il Presidente, il Vice-presidente e l’AD.
L’interpretazione recepita dalla Corte, secondo cui la Riforma del 2003 ha modificato gli obblighi degli amministratori delineando un obbligo di “ragguaglio informativo” a carico del presidente del CdA e dell’AD, alleggerendo così la posizione degli altri membri del Consiglio, crea qualche difficoltà nel coniugare questa vigilanza attenuata con la responsabilità omissiva (articolo 40 c.p.) di chi ha comunque l’obbligo giuridico di preservare l’integrità del patrimonio sociale e le garanzie dei creditori. Sul punto, scartata l’imputabilità per una condotta omissiva tout court – perché è pur sempre necessario che il “non operativo” si rappresenti l’evento dannoso come conseguenza diretta della propria omissione – i giudici optano per la “dimostrata percezione dei segnali di allarme da parte di chi è tenuto a uno specifico devoir d’alert” (ossia, appunto, presidente e AD).
Secondo la Corte, dunque, con la Riforma del 2003 si è passati, per chi non partecipi all’amministrazione attiva, da un “obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione” a un dovere, di “agire informato“, connaturato al mandato stesso di ciascun amministratore.
Quindi per imputare a tutto il CdA i fatti di bancarotta è necessario dimostrare anche la “volontaria omissione nell’impedirli“.