L’art 168 L.F. stabilisce che dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
La norma, dunque, distingue i crediti anteriori alla pubblicazione del ricorso, sono soggetti al “blocco” delle azioni esecutive, dai crediti successivi per i quali è invece possibile agire esecutivamente.
La norma è invece meno chiara in punto di conseguenze della pubblicazione della domanda di concordato sulle azioni esecutive pendenti a tale data.
Secondo un primo indirizzo la pubblicazione della domanda di concordato preventivo da parte del debitore esecutato non comporta l’estinzione della procedura esecutiva o cautelare già iniziata nei confronti del debitore ma soltanto la sospensione della medesima fino alla definizione del giudizio di omologazione (in tal senso Trib. di Bari 18 novembre 2013, Trib. di Siracusa 26 luglio 2013, Trib. di Pesaro 16 marzo 2012, Trib. di Bologna 19 dicembre 2009). A sostegno di questa tesi parte della dottrina ha evidenziato che l’art. 182 bis L.F., che si riferisce agli accordi di ristrutturazione e che però riproduce l’identica formulazione letterale dell’art 168 L.F. circa il “divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore”, al comma VI fa espresso riferimento alla sospensione dei procedimenti in corso (A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti: commento per articoli, Giappichelli editore, 2014, pag.79).
Un diverso orientamento sostiene, invece, la tesi della improseguibilità o della improcedibilità affermando che “il divieto di cui all’articolo 168, legge fallimentare, di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore non comporta una sospensione del processo esecutivo ma una vera e propria estinzione atipica dello stesso riconducibile alle ipotesi previste dall’articolo 187 bis, disp. att. c.p.c.; la procedura esecutiva non potrà pertanto essere riattivata dopo l’omologazione del concordato” (così Trib. Reggio Emilia 18.4.2012, Trib. Aosta 16.4.2013, Trib. Aosta 27.9.2013).
Sul punto la giurisprudenza appare, dunque, divisa. Se, infatti, da un lato la formulazione dell’art 168 L.F., facendo espresso riferimento alla nullità, farebbe propendere per la tesi della improcedibilità dell’esecuzione forzata individuale, va per converso evidenziato che vi sono ragioni di tutela del creditore procedente che inducono la giurisprudenza prevalente ad adottare la tesi della sospensione della procedura esecutiva, atteso soprattutto l’effetto meramente sospensivo correlato al termine concesso per la presentazione della proposta concordataria. Quest’ultima soluzione interpretativa, alla luce dell’operatività ex nunc della sospensione, comporta la validità degli atti posti in essere prima del relativo provvedimento e, dunque, un conseguente rafforzamento della tutela del creditore nel caso in cui venga successivamente meno la procedura di concordato preventivo (in questo senso Cass. 11342/1992)
Un’altra questione dibattuta in dottrina e giurisprudenza ha ad oggetto il dies ad quem del blocco delle azioni esecutive e cautelari. Stando al tenore letterale dell’art 168 L.F. il termine sarebbe identificabile nel momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo. La giurisprudenza maggioritaria ha però provveduto – opportunamente – ad estendere tale limite temporale fino all’esecuzione del concordato stesso (così Trib. Vicenza 4.2.2014; Trib. Siracusa 11.11.2011; Trib. Sulmona 27.2.2008; Trib. Modena 9.2.2006). Secondo tale orientamento “il divieto posto dall’art. 168 L.F. che impedisce al creditore anteriore all’apertura della procedura di concordato preventivo di intraprendere azioni esecutive nei confronti dell’impresa in concordato si estende per i medesimi creditori anteriori anche alla fase di esecuzione del concordato preventivo, posto che l’art 184 L.F. vincola il loro soddisfacimento alla proposta concordataria omologata” (Trib. Reggio Emilia 6.2.2013). Una eventuale aggressione individuale dei beni ceduti in concordato non sarebbe quindi possibile durante tutta la fase di liquidazione e distribuzione del ricavato ai creditori concordatari in quanto i beni ceduti sono vincolati all’esecuzione del concordato e, inoltre, si violerebbe la par condicio creditorum.
Ciò nonostante detta impostazione – sacrosanta a modesto avviso di chi scrive – non è unanimemente condivisa: una parte, pur minoritaria, della giurisprudenza di merito ritiene che “il creditore, il cui diritto sia sorto prima dell’ammissione al concordato preventivo, può iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del medesimo soggetto una volta conclusa con il decreto di omologazione la fase del procedimento, nel rispetto, tuttavia, dei termini sostanziali della proposta e del piano approvati dai creditori e resi per tutti obbligatori dal provvedimento del Tribunale” (Trib. Milano, 17.12.2012).
La questione è rilevante anche per quanto riguarda la sorte delle eventuali opposizioni (all’esecuzione o agli atti esecutivi) eventualmente pendenti visto che “La cessazione della materia del contendere, in un giudizio di opposizione agli atti, si verifica quando il provvedimento impugnato sia stato revocato dal giudice dell’esecuzione ex art. 487 c.p.c., ovvero nel caso di estinzione del processo esecutivo sempreché l’atto impugnato non possa produrre effetti al di fuori del processo stesso” (così A. M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, p.1255).