È possibile accedere ai dati reddituali e patrimoniali del coniuge detenuti dall’Agenzia delle Entrate per ottenere informazioni utili ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento nelle cause di separazione e divorzio (Tar Campania, sent. n. 5763/2018).

Conoscere con precisione la situazione reddituale del coniuge è un elemento chiave ai fini di un’equa quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli e, sussistendone i presupposti, anche del coniuge economicamente più debole; per tale ragione l’art. 706, co. 3, cpc prevede che nel procedimento di separazione personale dei coniugi debbano essere allegate al ricorso e alla memoria di costituzione le ultime dichiarazioni dei redditi presentate dai coniugi.

L’ordinamento riserva inoltre al Giudice specifici poteri finalizzati alla ricostruzione della effettiva situazione patrimoniale dei coniugi, tra cui ad esempio la possibilità di disporre un accertamento da parte della Polizia Tributaria sui redditi e sui beni quando su di essi sorgano contestazioni e le informazioni fornite non risultino sufficientemente documentate (cfr. art. 337-ter c.c.).

A seguito della novella del D.L. 132/2014 è stata inoltre riconosciuta la possibilità per il Giudice di autorizzare la ricerca con modalità telematiche dei beni dei coniugi ai sensi del combinato disposto degli artt. 155-sexies, disp. att. c.p.c. e 492-bis c.p.c.

Ciò significa che il Tribunale, anche in vista dell’adozione di provvedimenti in materia di famiglia, su istanza di uno dei coniugi, può autorizzare l’Ufficiale Giudiziario a ricercare informazioni utili ai fini della ricostruzione della effettiva situazione patrimoniale “mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti (…) comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti” (cfr. art. 492-bis c.p.c.).

Sussistendo tali specifici strumenti processuali, è questione controversa in giurisprudenza la persistenza del diritto per il singolo coniuge di richiedere all’Agenzia delle Entrate di accedere ai documenti in suo possesso relativi alla situazione patrimoniale e reddituale dell’ex.

Sul punto si riscontra infatti la presenza di due contrapposti orientamenti: il primo che, prediligendo il diritto alla riservatezza (privacy), nega al coniuge l’accesso alle informazioni patrimoniali ad esso relative e il secondo che, nell’ottica di garantire una miglior difesa dei diritti del coniuge “debole”, è invece favorevole all’esercizio del diritto di accesso.

L’orientamento restrittivo: Tar Lombardia

Con pronuncia n. 2024/2018 dello scorso agosto, il Tar Lombardia ha ritenuto legittimo il diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate ad un soggetto che richiedeva l’accesso ai dati e alle informazioni relative al coniuge contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari.

Secondo il Tar Lombardia, infatti, in assenza di un apposito provvedimento da parte del Giudice si deve considerare prevalente il diritto alla riservatezza (privacy) dell’altro coniuge, proprio in considerazione del fatto che esistono appositi strumenti processuali che consentono di raggiungere il risultato informativo.

L’orientamento permissivo: Tar Campania

Più di recente, invece, il Tar Campania (sentenza n. 5763/2018) si è schierato in senso opposto, ritenendo illegittimo il diniego alla richiesta di accesso e, conseguentemente, prevalente il diritto di difesa del coniuge “debole” su quello alla riservatezza del coniuge “forte”.

In particolare il Tar Campania, rifacendosi all’orientamento giurisprudenziale inaugurato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2472/2014, ha fondato la sua pronuncia sul richiamo all’art. 24, co. 7 della L. n. 241/1990, a mente del quale “…Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

Inoltre, nel confutare la tesi secondo cui il diritto di accesso dovrebbe essere negato dal momento che l’ordinamento già prevede specifici strumenti atti a conoscere la situazione reddituale del coniuge, ha invocato la statuizione del TAR Emilia Romagna n. 753 del 2016 secondo cui la possibilità di ricerca con modalità telematica dei beni costituisce un semplice ampliamento dei poteri istruttori del giudice già previsti dal codice di procedura civile che lascia impregiudicato il diritto di accesso ai documenti contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari dell’Agenzia delle Entrate di cui alla l. 241/1990.

Come deve essere proposta l’istanza di accesso?

Colui che richiede l’accesso ai dati ha l’onere di motivare la relativa domanda e di indicare puntualmente gli estremi del documento oggetto della richiesta o degli elementi che ne consentano l’individuazione, oltre che della loro strumentalità al giudizio di separazione o divorzio, onde rendere possibile e non eccessivamente oneroso per l’amministrazione procedere all’esibizione.

È inoltre possibile richiedere il rilascio di copie dei suddetti documenti, ove possibile con modalità telematiche e previo rimborso del costo di diritti di riproduzione, di ricerca e visura.

Quali cautele deve osservare l’Agenzia delle Entrate nel consentire l’accesso del coniuge ai documenti dell’ex?

Sebbene, come chiarito dal Tar Campania n. 5763/2018, i dati patrimoniali e reddituali detenuti dall’Agenzia delle Entrate e ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari non sono qualificabili come dati sensibili, l’Agenzia delle Entrate dovrà comunque avere cura di oscurare i dati personali di altri soggetti (diversi dal coniuge) che dovessero eventualmente comparire nella documentazione richiesta al fine di salvaguardare la loro privacy.