Con sentenza n. 1119/2020 del 20 gennaio 2020 la Cassazione ha chiarito che il nuovo orientamento giurisprudenziale proposto dalle sentenze Cass. 11504/2017 e SS.UU. 18287/2018 in tema di natura e funzione dell’assegno divorzile non costituisce ex se giustificato motivo per richiederne la revisione ai sensi dell’art. 9 L. 898/1970.
L’evoluzione della giurisprudenza in tema di natura e funzione dell’assegno divorzile.
Con la sentenza n. 11490/1990 le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato la natura esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile, il cui presupposto doveva essere rinvenuto nell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge “debole” per il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Tale orientamento è rimasto fermo per circa un trentennio, fino a quando cioè, con la menzionata sentenza n. 11504/2017, la Cassazione ha affermato la necessità di interpretare il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio alla luce del principio di autoresponsabilità economica di ciascun coniuge.
In particolare, come meglio specificato anche nella successiva pronuncia a Sezioni Unite n. 18287/2018 (per saperne di più leggi il nostro precedente articolo al seguente link) la Cassazione ha chiarito che l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale e, in pari misura, perequativa e compensativa, essendo “volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”.
A differenza di quanto avveniva in passato, quindi, l’assegno divorzile oggi non viene più concepito in funzione della ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ma viene visto in funzione riequilibratrice del reddito degli ex coniugi, essendo finalizzato al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Quando viene riconosciuto l’assegno di divorzio e in quali circostanze se ne può richiedere la revisione?
Ai sensi dell’art. 5 comma 6 della L. 898/1970, ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio è richiesto l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con applicazione dei criteri che è la stessa norma ad indicare.
Il successivo art. 9, co. 1 prevede invece che, trattandosi di provvedimenti emessi rebus sic stantibus, è sempre possibile, su istanza del coniuge, che il Tribunale disponga la revisione delle disposizioni concernenti l’assegno di mantenimento per figli e coniuge qualora, dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sopravvengano giustificati motivi che ne rendano opportuna la modifica.
La questione sottoposta all’attenzione della Cassazione: il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale è sufficiente, da solo, a giustificare la richiesta di revisione dell’assegno?
Ai fini della revisione dell’assegno divorzile è necessario il previo accertamento dei giustificati motivi sopravvenuti oppure il mutato orientamento giurisprudenziale in tema di natura e funzione dell’assegno di divorzio costituisce ex se giustificato motivo valutabile ai sensi dell’art. 9 della L. 898/1970?
Nel rispondere al quesito la Suprema Corte ha ricordato che la revisione dell’assegno postula necessariamente l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi che sia idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno.
In sede di revisione il giudice non deve, cioè, procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione dell’emolumento, deve soltanto limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze sopravvenute e provate dalle parti abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo, o lo stesso obbligo di contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale e reddituale accertata.
Affinchè possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno è necessario, quindi, che preliminarmente venga accertato il sopravvenuto mutamento delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi; solo in tale caso sarà possibile procedere alla revisione del medesimo alla luce dei nuovi principi giurisprudenziali posti dalle S.U. nel 2018.
Peraltro se, a contrariis, si volesse sostenere che il mutamento giurisprudenziale è di per sé solo idoneo a integrare uno dei “giustificati motivi” che legittimano la revisione dell’assegno, si giungerebbe a conseguenze incongrue, sia se si considera l’ipotesi di un successivo ed ulteriore revirement giurisprudenziale, sia se si considera il fatto che il giudice di merito, non tenuto per legge al principio dello stare decisis, potrebbe decidere di non aderire alla nuova linea interpretativa.