Anche il preliminare di preliminare è atto idoneo a far sorgere il diritto alla provvigione come recentemente affermato dalla Cassazione con sentenza n. 923/2017.
Nella prassi delle contrattazioni immobiliari frequentemente si pone il problema di stabilire se (e a quali condizioni) l’agente immobiliare possa legittimamente pretendere il pagamento della provvigione da parte del cliente.
Sul punto, premesso che l’agente immobiliare è qualificabile come mediatore ai sensi dell’art. 1754 c.c., egli ha diritto alla corresponsione della provvigione da parte di ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento (art. 1755 c.c.). Il diritto del mediatore alla provvigione scaturisce dunque sulla sola base della conclusione di un affare e a condizione che quest’ultimo risulti in rapporto causale con l’attività svolta dal mediatore (in tal senso Cass. 2008/23842).
Per quanto concerne tale ultimo aspetto, è sufficiente che l’attività intermediatrice dell’agente immobiliare si ponga in rapporto causale con la conclusione dell’affare: non è necessaria – ad opinione della giurisprudenza prevalente – la sussistenza di un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è sufficiente invece che egli, pur in assenza di un intervento in tutte le fasi della trattativa, ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso e articolato nel tempo, abbia messo in relazione le stesse in modo tale da concretizzare l’antecedente indispensabile per addivenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (così Cass. civ. Sez. II, 2016/24950; Trib. Treviso Sez. III, 08/06/2017).
Ciò chiarito, è evidente che la difficoltà principale sta nell’individuare quali siano gli atti che consentano di ritenere concluso l’“affare” ex art. 1755 c.c., posto che il legislatore ha utilizzato tale generica espressione in luogo di un esplicito riferimento alla sottoscrizione di un “contratto”. Secondo consolidata giurisprudenza per “affare” deve intendersi il compimento di un’operazione di natura economica la quale sia generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, “di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati, o, in difetto, per il risarcimento del danno” (così Cass. 2002/10553; in questo senso anche Cass. 2009/7994; Cass. 2004/20549).
Ebbene, non v’è alcun dubbio quindi che anche la stipula di un contratto preliminare di compravendita di un immobile – sempre che si tratti di contratto validamente concluso nel rispetto dei requisiti previsti ex lege (cfr. art. 1350 e 1351 c.c.) – è atto idoneo a far sorgere il diritto dell’agente al pagamento della provvigione (v. Cass. 2009/7994; Cass. 2007/22000; Cass. 2002/10553). Esso, infatti, genera obbligazioni tra i contraenti i quali sono esposti, in caso di inadempimento all’obbligo di concludere il definitivo, al rimedio ex art. 2932 c.c. nonché al risarcimento del danno, a nulla rilevando la circostanza che al preliminare non sia poi seguita la stipula del definitivo (tra le altre v. Cass. 2002/12022). Inoltre, qualora il preliminare preveda che il definitivo debba essere stipulato entro un termine finale, il diritto alla provvigione sorge alla data della stipula del preliminare – momento da cui decorre anche il termine di prescrizione annuale del diritto alla provvigione ex art. 2950 c.c. – e non dal termine finale di efficacia (cfr. Cass. 2004/15161).
Che succede invece se le parti hanno stipulato un contratto preliminare in cui si obbligano a sottoscrivere non il definitivo ma un successivo contratto preliminare, concludendo dunque un c.d. preliminare di preliminare?
Se da un lato è pacifico in giurisprudenza che la provvigione non è dovuta all’agente se le parti hanno unicamente predisposto una bozza di accordo, senza cioè stipulare alcun negozio da cui scaturiscano pretese giudizialmente tutelabili – c.d. puntuazioni – (così già Cass. 1997/13132 e più recentemente anche Cass. 2012/667 e Cass. 2004/13067), diverso è il caso della proposta di acquisto integrante un preliminare di preliminare.
Posto infatti che in merito alle condizioni per la validità ed efficacia del preliminare di preliminare si sono pronunciate le Sezioni Unite con sent. n. 4628/2015, la Cassazione ha recentemente chiarito che anche tale tipo di accordo “è atto idoneo per poter ritenere concluso l’affare e, pertanto, fa sorgere il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti” (Cass. 2017/923, e precedentemente in tal senso anche Cass. 2015/ 24397).
Tale pronuncia è coerente con il sopra citato arresto delle SS.UU., a tenore del quale il preliminare di preliminare è valido ed efficace ove sia configurabile “un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare”; invero la violazione ingiustificata di un tale accordo, in quanto contraria a buona fede ex art. 1175 c.c., è idonea a fondare, in caso di mancata conclusione del contratto, “una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale”, fonte di obblighi risarcitori a carico della parte inadempiente (cfr SS.UU. Cass. 2015/4628).