Il patteggiamento non implica rinuncia alla prescrizione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 18953/2016 (udienza del 25.02.2016, deposito del 6.05.2016) hanno chiarito che la richiesta di applicazione della pena o l’adesione alla proposta del Pubblico Ministero (di seguito patteggiamento) non possono in alcun modo rappresentare dichiarazione di rinuncia alla prescrizione.

L’art. 157 comma 7 del codice penale prevede che la prescrizione sia “sempre espressamente rinunciabile dall’imputato” stabilendo in tal modo che la forma della rinuncia debba essere necessariamente esplicita e formale.
La pretesa da parte del Legislatore del rispetto della rigida formalità sul punto si giustifica con la particolare attenzione che il titolare del diritto deve riporre sull’atto che sta per compiere, in quanto rinunciare alla prescrizione rappresenta certo l’esercizio del “diritto al processo” ma al contempo espone il soggetto medesimo al rischio della condanna in un procedimento che si potrebbe concludere con una pronuncia di proscioglimento.
Con riferimento alla richiesta di patteggiamento a fronte di reati prescritti, parte della Giurisprudenza sosteneva che la richiesta o l’adesione alla proposta di applicazione della pena costituissero dichiarazioni tipiche di rinuncia alla prescrizione, o perlomeno ne implicassero una rinuncia espressa.
A fronte delle menzionate soluzioni interpretative la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha precisato che la rinuncia alla prescrizione debba essere oggetto di una diretta manifestazione di volontà in tal senso non potendo qualificare tali dichiarazioni volte a manifestare una volontà diversa, quale è la richiesta di patteggiamento.
A questa soluzione le Sezioni Unite sono pervenute valorizzando le disposizioni degli arti. 444 comma 2 e 129 codice di procedura penale che stabiliscono lo schema logico cui deve attenersi il giudice all’atto della pronuncia di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Il ragionamento decisorio del giudice si articola in due fasi, la prima volta alla verifica dell’insussistenza di cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p., tra le quali rientra anche la prescrizione del reato, attività che va compiuta sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero.
Soltanto qualora il giudice verifichi l’assenza delle menzionate cause, accederà alla seconda fase del ragionamento esaminando l’accordo delle parti in merito all’applicazione della pena.
Rientrando quindi tra i poteri d’ufficio del giudice il vaglio della sussistenza di cause di proscioglimento e tra queste, si ribadisce, la verifica della maturazione della prescrizione del reato, non è possibile considerare la richiesta di patteggiamento come atto di rinuncia alla prescrizione senza privare di significato le norme appena menzionate (art. 444 comma 2 c.p.p. e 129 c.p.p.).
Quindi, nell’ipotesi di richiesta di applicazione della pena su richiesta delle parti con riferimento ad un reato prescritto, il giudice sarà chiamato a pronunciare sentenza di proscioglimento, salvo l’ipotesi in cui l’imputato abbia espressamente rinunciato alla prescrizione con specifico atto.
Qualora il giudice, in assenza di una rinuncia espressa alla prescrizione, pronunci una sentenza di applicazione della pena con riferimento ad un reato prescritto, sarà proponibile ricorso per cassazione.