La responsabilità medica nel lavoro in équipe chirurgica: fase post-operatoria

Cassazione Penale n.17222/2012.

La Suprema Corte torna a parlare di responsabilità medica in relazione alla posizione di garanzia del capo équipe.

La pronuncia si inserisce in un quadro già precedentemente delineato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all’articolata questione del riparto di responsabilità tra operatori sanitari all’interno dell’équipe in caso di esito infausto dell’intervento chirurgico.

In precedenza, infatti, si era già chiarito che il capo équipe, pur non rivestendo una posizione necessariamente apicale visti i diversi ambiti medici che possono essere coinvolti nel medesimo intervento, ha un dovere generale di vigilanza sull’operato dei collaboratori. Tale dovere, come ribadito nella pronuncia in commento, non si limita alla fase prettamente chirurgica ma si estende anche alla fase post operatoria in quanto la posizione di garanzia de qua è riferibile alla complessiva  situazione medica del paziente.

Nel caso di specie la Cassazione aggiunge che non ha rilevanza l’aver agito secondo le indicazioni del primario stante l’autonomia nell’operato dei singoli medici. Chiarisce la Corte, infatti, che “il vincolo gerarchico non trova estrinsecazione nella cura concreta del paziente e nelle decisioni di natura prettamente medica da assumere in un caso in cui il primario si trovava completamente estraneo non avendo partecipato all’intervento chirurgico ed essendo fisicamente assente nella struttura sanitaria“. Affermando, inoltre, che “l’esigenza di cura e assistenza del paziente sono con tutta evidenza rapportate alle peculiarità dell’atto operatorio e al suo andamento in concreto: contingenze note al capo équipe  più che ad ogni altro sanitario” e, dunque, strettamente connesse alla sua posizione di garanzia, La Suprema Corte rigetta i motivi di ricorso del medico e conferma la condanna per omicidio colposo.