I chiarimenti del Fisco in materia di responsabilità nei contratti di appalto

L’art. 13-ter, D.L. n. 83/2012, c.d. “Decreto Crescita” (in vigore dal 12.8.2012) ha modificato la disciplina in materia di responsabilità nell’ambito dei contratti di appalto e subappalto sostituendo il comma 28 dell’art. 35, D.L. n. 223/2006 e introducendo i nuovi commi 28-bis e 28-ter che riguardano, rispettivamente, la responsabilità dell’appaltatore, quella del committente e il profilo oggettivo e soggettivo della nuova disciplina.

La citata riforma legislativa aveva sollevato numerosi dubbi applicativi, affrontati solo parzialmente dall’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 40/E/2012.

In particolare, ci si riferisce:

  • all’ambito oggettivo di applicazione, ovvero l’applicabilità ai soli contratti di appalto nel settore edilizio o, invece, a contratti di appalto intesi nella loro generalità, quindi non limitatamente a quelli stipulati nell’ambito del settore edilizio;

  • le tipologie contrattuali oggetto della norma, con la possibile inclusione dei contratti di fornitura;

  • l’ambito soggettivo, con particolare riferimento ai contratti stipulati dal committente privato;

  • l’attestazione della regolarità fiscale in casi particolari.

 

Ambito oggettivo di applicazione

Il principale dubbio applicativo riguardava l’applicabilità dell’istituto in esame ai soli contratti di appalto nel settore edilizio o, invece, a contratti di appalto intesi nella loro generalità, quindi non limitatamente a quelli stipulati nell’ambito del settore edilizio.

L’Amministrazione Finanziaria nel citato documento di prassi sostiene che “lo scopo della norma va quindi ravvisato non nella finalità di introdurre specifiche misure di contrasto all’evasione nel settore edile, ma in quella di far emergere base imponibile in relazione alle prestazioni di servizi rese in esecuzione di contratti di appalto e subappalto intesi nella loro generalità, a prescindere dal settore economico in cui operano le parti contraenti”.

In sostanza, l’Amministrazione Finanziaria prevede l’applicazione generalizzata dell’istituto.

 

Le esclusioni

Pur prevedendo l’applicazione generalizzata dell’istituto, l’Amministrazione Finanziaria effettua una sorta di “apertura” alla semplificazione ampliando le cause di esclusione.

In particolare, si chiarisce che:

  1. per quanto riguarda i contratto oggetto della norma, devono ritenersi esclusi:

  • gli appalti di fornitura dei beni. Tale tipologia contrattuale sebbene richiamata dal comma 28-ter, non è prevista nelle disposizioni recate dagli altri commi 28 e 28-bis che, invece, richiamano esclusivamente l’appalto di opere o servizi;

  • il contratto d’opera, disciplinato dall’articolo 2222 c.c.;

  • il contratto di trasporto di cui agli articoli 1678 e seguenti del c.c.;

  • il contratto di subfornitura disciplinato dalla legge 18 giugno 1998, n. 192;

  • le prestazioni rese nell’ ambito del rapporto consortile.

Per quanto riguarda la definizione del perimetro soggettivo, l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che sono escluse:

  • le persone fisiche non soggetti Iva, ai sensi degli articoli 4 e 5 del D.P.R. 633/1972;

  • le stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del D.Lgs. 163/2006;

  • il condominio, in quanto tale figura non è compresa fra i soggetti individuati agli articoli 73 e 74 del Tuir.

 

Efficacia temporale

L’art. 13-ter, D.L. n. 83/2012, c.d. “Decreto Crescita” si applica ai contratti stipulati a partire dal 12 agosto 2012, data di entrata in vigore dell’ articolo 13-ter.

Sul tema, l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che l’eventuale rinnovo del contratto deve ritenersi equivalente a una nuova stipula e, pertanto, la disciplina in esame è applicabile, a partire dalla data di rinnovo, anche ai contratti rinnovati successivamente al 12 agosto 2012.

  

Attestazione in casi particolari

Altro chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria nel documento di prassi in esame concerne l’attestazione da fornire in casi particolari, quali quelli riportati nella seguente tabella.

 

Più contratti intercorrenti tra le medesime parti

Pagamenti effettuati mediante bonifico bancario

Cessione del credito

In caso di più contratti intercorrenti tra le medesime parti, la certificazione può essere rilasciata in modo unitario e anche con cadenza periodica, fermo restando che, al momento del pagamento, deve essere attestata la regolarità di tutti i versamenti relativi alle ritenute e all’Iva scaduti a tale data, che non siano stati oggetto di precedente attestazione.

 

Con riferimento ai pagamenti effettuati mediante bonifico bancario o altri strumenti che non consentono al beneficiario l’immediata disponibilità della somma versata a suo favore, viene puntualizzato cha l’attestazione di regolarità deve riferirsi ai versamenti fiscali scaduti al momento in cui il committente o l’appaltatore effettuano la disposizione bancaria e non anche a quelli scaduti al momento del successivo accreditamento delle somme al beneficiario.

 

Per i casi in cui l’appaltatore o il subappaltatore cedano il proprio credito a terzi, il documento di prassi in esame chiarisce che “sulla base delle precisazioni fornite dalla Ragioneria generale dello Stato con riferimento alle ipotesi di cessione del credito nell’ambito della disciplina sui pagamenti delle pubbliche Amministrazioni, di cui all’articolo 48-bis del D.P.R. 602/1973 (circolare n. 29/2009) – la regolarità fiscale relativa ai rapporti riferibili al credito oggetto di cessione possa essere attestata nel momento in cui il cedente (appaltatore o subappaltore) dà notizia della cessione al debitore ceduto (committente o appaltatore)”.

La qualificazione giuridica del rapporto

Risolti i principali dubbi interpretativi restano le numerose difficoltà pratiche che riguardano il più delle volte la difficile qualificazione del negozio giuridico.

In pratica, infatti, si assiste sovente a situazioni in cui:

  • non è stato stipulato alcun contratto per iscritto;

  • vengono realizzati contratti “misti”, ovvero che prevedono la realizzazione di beni e la prestazione di servizi;

  • non è sempre agevole distinguere tra le varie figure negoziali.

 Date le notevoli difficoltà applicative, in questa sede si vuole sottolineare, in via generale, il criterio adottato dalla giurisprudenza per qualificare tali tipi contrattuali.

 

I contratti misti

Per tali tipologie contrattuali, il criterio distintivo a cui la giurisprudenza e la dottrina fanno costante riferimento è quello relativo alla natura dell’oggetto del contratto.

In tal senso, la recente giurisprudenza (vedi Cassazione Civile, Sez. II (Sent. ), 30. 04. 2012, n. 6636), confermando i precedenti orientamenti, ha stabilito che si è in presenza d’un contratto d’appalto se l’oggetto effettivo e prevalente dell’obbligazione assunta dal produttore-venditore è la realizzazione d’un opus unicum o anche d’un opus derivato dalla serie, ma oggetto di sostanziali adattamenti o modifiche a richiesta del destinatario, laddove la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell’opera e di tutte le attività a tal fine intese.

Al contrario, si è in presenza d’un contratto di compravendita, se le attività necessarie a produrre il bene costituiscono solo l’ordinario ciclo produttivo del bene, che può anche concludersi con l’assemblaggio delle sue componenti presso il destinatario, ma è la sola consegna del bene stesso, l’effettiva obbligazione del produttore-venditore.

In sostanza, nella compravendita, oggetto dell’obbligazione è un “dare”, nel contratto d’appalto o d’opera, oggetto dell’obbligazione è un “facere”.

Nel caso di contratti “misti” vi dev’essere, dunque, una prevalenze del “fare” rispetto al “dare” affinché si configuri un contratto di appalto.

Diversamente, qualora il “fare” rappresenti un’obbligazione accessoria a quella di “dare” si configurerà un contratto di fornitura di beni.

Rimane da stabilire come debba intendersi il concetto di prevalenza.

La prassi fa rientrare i contratti “misti” tra quelli di vendita, piuttosto che tra quelli di appalto, se la fornitura prevale sul lavoro.

La prevalenza va riscontrata sulla effettiva volontà espressa dalle parti nel contratto, dovendosi stabilire se le stesse abbiano voluto dare maggiore rilievo al trasferimento di un bene o al processo produttivo dello stesso.

Quando la volontà dei contraenti non è agevolmente rilevabile, il Ministero, chiarendo alcuni dubbi in materia edilizia, ha affermato che si è in presenza:

  • di una cessione, quando la fornitura riguarda beni prodotti in serie dal fornitore stesso o da lui commercializzati; questo anche quando i beni su richiesta del committente subiscano variazioni o adattamenti per forma o dimensione, salvo il caso in cui vi sia un impegno, da parte del fornitore, a realizzare un quid novi rispetto alla normale serie produttiva. In tal caso viene a prevalere l’intuitus personae, nonché l’assunzione del rischio economico, elementi peculiari del contratto d’appalto;

  • di un contratto d’appalto, quando l’assuntore si impegna a consegnare prodotti con caratteristiche completamente diverse rispetto a quelli dal medesimo fabbricati in serie o commercializzati.

A titolo esemplificativo, il Ministero ha ritenuto doversi considerare contratti di vendita (e non di appalto) quelli concernenti la fornitura, anche se con posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d’aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti, ecc. qualora il fornitore sia lo stesso fabbricante o chi fa abitualmente commercio di detti prodotti (Risoluzione n. 360009 del 5 luglio 1976).

Si segnala, infine, che l’Amministrazione Finanziaria, con la R.M. 220/E/2007, intervenendo in tema di reverse charge nel settore edilizio, ha affermato che:

Si fa presente che in linea di principio la distinzione tra contratto di vendita e contratto di appalto dipende dalla causa contrattuale, rintracciabile dal complesso delle pattuizioni negoziali e dalla natura delle obbligazioni dedotte dalle parti.

Quando il programma negoziale ha quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente, o a consentirne la fruizione, senza modificarne la natura, il contratto è senz’altro qualificabile quale cessione con posa in opera.

Al contrario, se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato”.

 

Distinzione appalto/subfornitura

Altra tipologia negoziale che potrebbe far sorgere dubbi è quella della subfornitura, esplicitamente esclusa dall’Amministrazione Finanziaria nel citato documento di prassi.

Tale tipologia negoziale è stata introdotta dal Legislatore con la L. 192/1998, ed era volta a contrastare gli abusi subiti dai subfornitori nei fenomeni di decentramento produttivo.

L’art. 1 della L. 192/1998 definisce il contratto di subfornitura come segue: “Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente”.

Dalla norma richiamata si desume che le caratteristiche del contratto di subfornitura sono le seguenti:

  • esistono due tipi di subfornitura:

    • subfornitura di prodotti;

    • subfornitura di lavorazioni;

  • prestazione afferente il ciclo produttivo del committente;

  • situazione di dipendenza progettuale – tecnologica del subfornitore nei confronti del committente.

Definite le caratteristiche della subfornitura, si possono tracciare le differenze con il contratto di appalto, come evidenziato nella seguente tabella.

Tabella n. 1 – Appalto e subfornitura

Appalto

Subfornitura

L’appalto è caratterizzato dall’autonomia dell’appaltatore in funzione della sua obbligazione di risultato e vi è compatibile il controllo e la sorveglianza esercitata dal committente al fine di assicurarsi che l’opera venga eseguita in conformità delle regole dell’arte.

 

La subfornitura è invece caratterizzata dal controllo diretto ed integrale sull’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa committente.

 

L’appaltatore, dovendo perseguire il risultato dell’opera, non deve solo attenersi alle norme tecniche ed alle direttive del committente, ma deve opporre le eventuali opporre le eventuali.

Progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli e prototipi sono infatti forniti dall’impresa committente, la quale, dovendo il prodotto o il servizio essere inserito nella produzione di un bene complesso, trasferisce al subfornitore l’intero patrimonio conoscitivo sul come produrre un determinato bene o servizio.