Cassazione penale, sent. 18565/2016.
Nei procedimenti relativi a delitti commessi con violenza alla persona è necessario notificare alla persona offesa la richiesta di modifica del domicilio degli arresti domiciliari.
L’art. 299 co. 4-bis c.p.p. stabilisce che, per i delitti commessi con violenza alla persona, l’indagato/imputato sottoposto a misure cautelari coercitive diverse dal divieto di espatrio e dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, possa presentare istanza di revoca, sostituzione o di applicazione della misura con modalità meno gravose solo dopo aver notificato la medesima richiesta alla persona offesa.
La mancanza di tale comunicazione determina l’inammissibilità della domanda.
La norma sulla necessaria comunicazione alla persona offesa delle richieste dell’imputato riguardanti le misure cautelari è stata introdotta dalla legge 119/2013 di conversione del decreto legge 93/2013 che ha recepito la direttiva comunitaria 2012/29/UE del 25 ottobre 2012 relativa ai diritti, all’assistenza e alla protezione delle vittime del reato.
Tale normativa sancisce il diritto delle menzionate vittime di ricevere le informazioni relative allo stato del procedimento, salva l’ipotesi in cui la comunicazione potrebbe compromettere l’esito dello stesso.
Il recepimento dei principi comunitari anzidetti nell’Ordinamento Italiano ha determinato, oltre ad altri specifici diritti di informazione, l’adozione della norma in esame volta a garantire la partecipazione della vittima alle evoluzioni del procedimento cautelare, consentendole di sottoporre alla valutazione del giudice ulteriori dati ed elementi utili per decidere in merito alla revoca o alla modifica della misura cautelare coercitiva.
La Quinta Sezione della Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se anche la richiesta di variazione del domicilio degli arresti domiciliari debba essere comunicata alla persona offesa benché non si tratti di un’istanza di revoca o modifica di misura cautelare.
La Corte, con sentenza 18565/2016 (depositata il 4.5.2016) ha risposto positivamente al quesito osservando che l’art. 299 comma 4 bis c.p.p. fa riferimento non solo alle istanze da ultimo menzionate ma anche a quelle volte ad ottenere l’applicazione della misura “con modalità meno gravose”; a tale previsione normativa va ricondotta la richiesta finalizzata a modificare il domicilio degli arresti domiciliari.
Nella sentenza in esame si evidenzia che il soggetto in custodia cautelare nel formulare una richiesta di tal genere sia portatore di interessi, esigenze peculiari che, qualora soddisfatti, rappresenterebbero inevitabilmente una modalità meno gravosa di esecuzione della misura stessa.
A tale ragione si aggiunga che l’obiettivo della direttiva comunitaria e di conseguenza delle norme interne di recepimento è l’effettiva informazione della vittima sullo stato del procedimento, anche per quanto attiene alla condizione cautelare, per attribuirle un concreto potere di interloquire e fornire ulteriori elementi all’Autorità Giudiziaria chiamata a decidere sulla misura cautelare.
Per tali ragioni la sentenza 18565/2016 citata ha stabilito che anche l’istanza dell’imputato/indagato volta ad ottenere la modifica del domicilio degli arresti domiciliari debba essere notificata alla persona offesa a pena di inammissibilità.